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Raffaello,
Scuola d'Atene (La Filosofia), Roma,
Stanze vaticane, 1510, particolare di «Euclide», nelle
fattezze contemporanee di Bramante, il Maestro architetto
di quella grandiosa stagione. Raffaello, da buon
architetto, aveva dimestichezza con Euclide. Nella
lettera a Leone X sullo stato delle antichità romane,
descrive uno strumento di misurazione per «ogni sorte di
edificio di che forma sia»; per determinare il centro
degli «edifici tondi», aggiunge, «si ritrova da ogni
minima parte del suo circulo, come insegna Euclide nel
terzo (teorema)». Scriveva Raffaello al Castiglione: «io
mi levo col pensiero più alto. Vorrei trovar le belle
forme degli adifici antichi, né so se il volo sarà
d'Icaro. me ne porge una gran luce Vitruvio, ma non tanto
che basti». A cosa si riferisse parlando di luce lo
chiarisce il suo quinto sonetto:
Dure fatiche, e voi, famosi affanni,
risvegliate el pensier che in ozio giace,
mostrateli quel sole alto che face
salir da' bassi ai più sublimi scanni |