Maurizio Nicosia
La Mente Divina
Linestimabile
testamento spirituale racchiuso
nellarco di Costantino, costruito con la tavola tripartita.
Sic, sic iuvat ire sub arcum.
Così, così giova andare sotto larco.
Virgilio, Eneide
Nel nostro tempo dominato dal nichilismo, dallossessione per il particolare e per latomizzazione, signoreggiato dal riduzionismo, la prospettiva temporale si schiaccia sullillusorio piano del presente. Il numero si riduce a cifra, quindi la scienza diviene tecnica della misurazione. Larte svanisce e ciò inquieta, poiché ogni epoca prende forma nellopera darte e la libertà è profondamente connessa con la vita dellarte. La storia, infine, appare allo sguardo delluomo contemporaneo come un ingombrante, fastidioso cumulo di detriti.
Eppure questepoca scricchiolante e solcata da crepe, se non fosse immersa nelloblio di sé avrebbe da meditare sulla scacchiera della storia quelle stagioni in cui grandi e allapparenza solide civiltà declinavano inconsapevolmente verso il proprio tramonto, illuminate da una luce radente e fioca che allunga le ombre e le rende spettrali. Lestenuante declino dellimpero romano, per esempio, riserva ancora sorprendenti e illuminanti pagine a chi cerca varchi tra le strette maglie del Tempo e della Storia.
Tra le tante degne di lettura merita riflessione la straordinaria pagina racchiusa nelle forme dellarco di Costantino, monumento in cui una civiltà al tramonto ha lasciato in un eccezionale panegirico sullarmonia il proprio inestimabile testamento spirituale. Nel 315 dopo Cristo Senato e popolo romani dedicano il famoso arco trionfale alla vittoria di Costantino su Massenzio. Il secolo precedente ha profondamente segnato limpero: incursioni barbariche e focolai di guerre ai confini, guerre civili, inflazione galoppante, epidemie e conseguente crollo demografico ne hanno minato la stabilità e i valori.
La tipologia del monumento a due fronti e tre fornici è esemplata sullarco di Settimio Severo. La scelta è tuttaltro che casuale. Sia Settimio Severo che Costantino hanno conquistato la porpora imperiale a prezzo di dure battaglie, meritando il rispetto e i favori del Senato. Settimio Severo, eletto regolarmente dal Senato, dopo la sua prima vittoria annunciò con accorta solennità che sullesempio di Marco Aurelio avrebbe rispettato le prerogative dellassemblea. Consesso dintonazione spiccatamente conservatrice, tenace assertore della propria dignità e geloso dei proprî privilegi, il Senato raramente ha lasciato spirare nel loro letto glimperatori che lhanno mortificato. Con la scelta della tipologia architettonica, che incornicia nella sommità dellarco i fregî di Marco Aurelio, il Senato dunque chiedeva a Costantino il rispetto delle proprie prerogative.
Ma il messaggio dellassemblea non si riduce alla cura dei proprî interessi: a Costantino, che due anni prima ha restituito libertà di culto ai cristiani perseguitati dal suo predecessore, il Senato ricorda lesempio di Settimio Severo e della sua dinastia, sotto la quale limpero conosce momenti sereni animati da una fruttuosa politica di tolleranza per tutti i culti. Severo Alessandro in particolare spiccava per il suo sincretismo ascetico, espressione duna concezione universale della religione. Il suo santuario domestico, in perfetta sintonia con la politica di tolleranza, raccoglieva le immagini di Orfeo e di Cristo, di Abramo e di Apollonio di Tiana, il taumaturgo neopitagorico, e daltri ancora.
Gli scrittori della Historia Augusta, quando additeranno a Costantino il ritratto dellimperatore perfetto nella figura di Severo Alessandro, certo su ispirazione di qualche toga senatoria, riecheggiano intenzionalmente ciò che già è scritto a chiare lettere nellarco di trionfo: perseguire una fattiva politica di tolleranza religiosa per saldare le variegate componenti dellimpero. Questo indirizzo di governo non è però frutto di mero calcolo dopportunità e convenienze, ha ben solide premesse filosofiche e metafisiche le cui radici platoniche affiorano limpidamente nelle sculture apollinee e solari, e nella celebrazione epigrafica della mens divina.
Lorientale culto del Sole si colora nella seconda metà del terzo secolo duna intonazione platonica con il prosecutore della politica di tolleranza dei Severi, limperatore Gallieno, che volle si erigesse in Roma una statua colossale con laspetto del dio. Noto come imperatore filosofo, era amico di Plotino e uno dei suoi più fervidi seguaci; fu sotto il suo regno che Plotino sognò dedificare in Campania la città di Platone. Il Magistero di Plotino lascerà unimpronta indelebile per tutto il secolo successivo; attorno a lui, ricorda il suo diletto allievo Porfirio, oltre Gallieno, i discepoli e molti fanciulli, saffollavano «parecchi senatori», politici, rètori e prefetti.
Roma, Arco
di Costantino
Nel solco dellinsegnamento di Plotino la teologia solare saffina ricollegandosi a una concezione esplicitamente monoteista. Helios, il più grande degli dèi, diviene emanazione dellUno, la somma divinità dei neoplatonici. Come demiurgo dellUno il Sole, posto nel centro del mondo, congiunge tutte le parti delluniverso, il cielo alla terra, lintelligibile al sensibile. È Helios la mens divina celebrata nellepigrafe dellarco (a sinistra, in alto), ovvero il nous di Plotino, la manifestazione dellintelligibile nel sensibile. È la mens divina, o numen divinum o semplicemente divinitas, a cancellare le distinzioni e a dare al linguaggio religioso un carattere universale e metafisico e a sviluppare la tolleranza religiosa: di per sé immutabile, nel mondo del molteplice e del divenire si manifesta con innumerevoli nomi e aspetti. Porfirio lo indica chiaramente ai cristiani: «se voi affermate che vi sono presso Dio angeli, che noi chiamiamo dèi perché sono accanto alla divinità: che ragione cè di battagliare per dei nomi, se solo nella denominazione è la differenza?». La differenza cera, e cè: la metafisica di Plotino nega a un Salvatore il compito di salvare le anime e assegna allascesa libera e razionale delluomo la possibilità di tornare allUno.
Alla morte di Plotino è Porfirio a prendere il timone della scuola platonica e a diffonderne il logos in tutta la città. Tiene conferenze pubbliche, diviene famoso per la chiarezza e la cultura, che spazia dalla musica alla geometria, dalla retorica alla mitologia alla filosofia platonica, pitagorica, aristotelica. Anchegli annovera tra i suoi discepoli senatori e rètori, politici e prefetti. Certamente suoi allievi sono glispiratori dellarco di Costantino: tra il 312 e il 315, nel lasso di tempo in cui larco di Costantino viene progettato e costruito, sono prefetti dellurbe Annio Anullino, Aradio Rufino e Rufio Volusiano, neoplatonici di ferro, cultori della teologia solare, personalità con le quali lo stesso Costantino ha stretti rapporti. E anche tra i senatori, gli altri committenti dellarco, la compagine platonica vanta robuste schiere.
Solo entro questa cornice storica e filosofica, solo con gli scritti di Porfirio è possibile decifrare la monumentale ricchezza semantica dellarco di Costantino, le sue sottili implicazioni pitagoriche, cosmogoniche, e iniziatiche. Porfirio, cui dobbiamo un saggio sulle proporzioni armoniche e uno sulla vita pitagorica, inizia la pubblicazione degli scritti di Plotino nel 301. Non li organizza secondo un criterio cronologico, ma iniziatico, seguendo un percorso ascensionale che conduce il lettore dal sensibile allessenza dellintelligibile: lUno. E li organizza in sei gruppi di nove trattati ciascuno: «con i cinquantaquattro libri di Plotino che possedevo ho composto sei Enneadi, avendo così la gioia di trovare il numero perfetto sei e il numero nove». Non può non stupire lanalogia con le proporzioni dellarco, che allineano sullaltezza, «sul percorso ascensionale», esattamente cinquantaquattro moduli, suddivisi in nove gruppi di sei, coronati dallepigrafe che celebra la mens divina, il nous di Plotino (vedi lo studio sullo Schema costruttivo dell'Arco).
Lintero monumento è scandito dalla proporzione armonica di tre quarti (vedi le note sull'Armonia) e qui il rapporto si precisa trascendendo la semplice analogia: inscritto entro due triangoli pitagorici 345 con lipotenusa in comune, larco di Costantino compendia la massima virtù del Principe, e delliniziato: la giustizia. A svelarne la simbolica sottesa è il successore di Porfirio, Giamblico, nella Vita pitagorica: Pitagora, «volendo dimostrare che la giustizia, limitata, uguale e commensurabile domina anche sullineguale, incommensurabile e illimitato, e indicare nel contempo come la si deve esercitare, diceva che la giustizia somiglia a quella figura che è sola in geometria ad avere illimitate possibilità di composizione di forme che pur essendo disuguali tra loro tuttavia ammettono un unico procedimento dimostrativo per le loro superfici quadrate».
La giustizia trova pertanto corrispettivo geometrico nei triangoli rettangoli, e massimamente in quello i cui cateti stanno nel rapporto di tre quarti: Pitagora, insiste Giamblico, «rappresentava le costituzioni politiche con tre linee combinate in guisa che si toccassero alle estremità: uno degli angoli da esse formato era retto, una linea stava con laltra nel rapporto di 4 : 3, laltra aveva cinque unità. Se noi consideriamo i rapporti in cui queste linee e i loro quadrati stanno tra loro, possiamo delineare il quadro della costituzione politica ottima».
Ma linsegnamento discende direttamente da Porfirio, per il quale la giustizia è la suprema virtù e la suprema armonia, ché mira allequilibrio tra le altre virtù e cura che nessuna prevalga in modo unilaterale. La giustizia, nella via iniziatica platonico pitagorica, è incarnazione individuale e sociale delle leggi del cosmo, il raggiungimento della padronanza di sé nellaccordo armonico con luniverso: la maestrìa. «Giustizia sottolinea Porfirio nelle Sentenze è provvedere al proprio compito nel conformarsi alla mente e nellagire verso la mente». Se lobiettivo è di raggiungere la mens divina cantata nellepigrafe, allora la giustizia ne costituisce la via maestra e informa la stessa «ossatura» del monumento.
Larco di Costantino è dunque un ispirato inno architettonico e scultoreo alla tolleranza e alla giustizia, intonato sulle corde dArmonia, rivolto al nuovo principe, e ciò basterebbe a renderlo straordinario. Ma ciò che lo rende unico è dindicare agliniziati delle cerchie platoniche, oltre le capacità di comprensione dei profani e forse dello stesso Costantino, lulteriore, definitivo passo verso il ricongiungimento con lUno, lobiettivo supremo di Plotino di riunire il «divino chè nelluomo al divino chè nelluniverso».
Sui lati dellarco volti a est e ovest, tra i due fronti, sono incastonati due tondi a rilievo che raffigurano il Sol Oriens (sopra) e la Luna Occidens (sotto). Sul lato est il sole sinnalza dal mare sulla sua quadriga, cioè i solstizî e gli equinozî, preceduto dalla sua luce; sul lato ovest la luna sappresta a inabissarsi con la sua biga. Le rappresentazioni dei due fregî illustrano con la massima fedeltà un brano di Porfirio dellAntro delle Ninfe. In questo testo, che Ficino tradusse nel Quattrocento, lerede di Plotino esamina la complessa simbologia dun brano omerico in cui si narra dun antro con due ingressi popolato di ninfe.
Non sarebbe altro, spiega Porfirio, che una metafora dei due solstizî, le due porte cosmiche di discesa delle anime nel mondo e di ascesa allUno: «coloro che parlano delle cose divine ponevano essere due di questi ingressi: Cancro e Capricorno. Il Cancro è quello per cui le anime discendono e il Capricorno quello per cui ascendono. Ma il Cancro è settentrionale, mentre il Capricorno è meridionale». Mentre tutti coloro che si incarnano imboccano la via che attraversa il tropico del Cancro, per il tropico del Capricorno transitano solo gliniziati che portano a compimento il viatico, «coloro che ascendono agli dèi. Per questa ragione Omero la chiama via degli immortali, comune anche alle anime che sono per sé o per essenza immortali». Lascensione verso la mens divina ha nel Capricorno un valico obbligatorio che pochissimi raggiungono. I gravami sono molteplici, solo le virtù, ricorda Porfirio, purificano e liberano. E la giustizia, la suprema virtù armonica, è il viatico verso la mente divina.
I due fregî volgono la dottrina dei solstizî e dellascensione allUno nellintonazione solare dominante nellarco. Il sole inquadrato sulla diagonale ascendente e la luna, serrata nella diagonale opposta, rappresentano una sorta di sigillo segreto o di firma dei platonici discepoli di Porfirio, che ha laconicamente scritto nellAntro delle Ninfe: «quanti parlano delle cose divine fissano il Sole e la Luna quali ingressi delle anime; e per il Sole si sale, mentre per la Luna si scende». A ciascuno decidere quale debba essere il proprio destino.
Il Senato, credo, non si trattenne da una sottilissima quanto orgogliosa nota polemica: sotto il tondo del Sole fece scolpire il Solenne ingresso di Costantino a Roma, sotto la Luna Costantino a Milano. Sotto la porta deglimmortali Costantino entra nella città eterna, e viene consacrato Principe; sotto quella del volgo destinato alla morte viene posta la città che contende a Roma il soggiorno deglimperatori. Forse comincia qui una secolare diatriba. Ma questo è colore.
La dottrina dei solstizî, i poli eterni e discordanti dellarmonia cosmica, le due porte di Giano o dei due San Giovanni, suggerisce dunque unulteriore lettura dellarco che diviene, con la sua tipologia a due fronti, stretto parente dellantro delle ninfe di Porfirio. I suoi fronti, posti sul cardo nordsud, corrispondenti dunque allasse zodiacale del Cancro e del Capricorno, i tondi del Sole e della Luna indicano chiaramente la soglia trionfale che attende chi incarna la giustizia in terra e compie la Via Regia. Iuvat ire sub arcum: giova andare sotto larco.
La Storia prese altro indirizzo da quello auspicato nellarco di Costantino; la tolleranza fu bandita, la giustizia costretta alla latitanza; lOccidente sinabissò per lungo tempo come la Luna del fregio. Solo coloro che hanno saputo varcare la soglia del Capricorno, e del tempo, hanno raggiunto lArmonia.