Maurizio Nicosia

Lo sguardo di Giano
sulla soglia del nuovo millennio

 

Il millennio venturo annunciato dal calendario gregoriano ha sollevato un turbine involontario di millenarismi, d’attese palingenetiche. Il 2000 suscita aspettative e moltiplica progetti ma i calendarî, inclusi i molti che non schiudono nuovi millenni, non hanno facoltà taumaturgiche. Incapaci di tessere la storia o di preannunciarla, i calendari sono totalmente inadeguati persino a registrarla. Il perpetuo avvicendarsi di giorni mesi e anni scandisce il tempo ciclico della Natura, non i tempi della Storia. Orologio e calendario ignorano accelerazioni, pause, arresti, nel loro cerchio non affiorano i motivi e le figure della Storia.
Non conforta vedere l’Occidente, che ha dato senso e direzione all’orizzonte temporale, che si è forgiato nel crogiolo della Storia e l’ha elevata a duratura impronta dell’umanità, affidare al calendario la propria palingenesi. Immerso a capofitto nei tumultuosi, torrentizî flutti della quotidianità, l’Occidente annaspa: ha smarrito il senso del tempo, della natura e della storia. Mentre le scene politiche cambiano in fretta e molti s’affannano a cambiar vesti, mentre la "gente" indossa con entusiasmo le maschere della morte, cioè le mode, per l’Uomo, col millennio venturo, il dilemma resta sempre lo stesso, e cruciale: se essere un numero o affrontare l’arduo viatico dell’iniziazione e avere un destino.
Sulla soglia del nuovo millennio è quanto mai necessario lo sguardo bifronte del custode delle soglie, lo sguardo di Giano, che abbraccia le prospettive polari dell’orizzonte temporale. Solo «chi è diventato sapiente sulle origini antiche -avvertiva un Saggio- finirà per cercare le sorgenti dell’avvenire e nuove origini». Non si varca la soglia del nuovo millennio senza la consapevolezza di ciò ch’è alle nostre spalle: essa c’impone anzitutto di fare il punto sull’offuscamento del senso del tempo che adombra l’uomo occidentale. Ma se vogliamo individuare la nostra posizione, e magari edificare alcunché di duraturo, di punti ne occorrono tre.

Ormai relegati a segni d’abbreviazione, i tre punti sigillano in geometria sacra i cardini metafisici e cosmogonici dell’iniziazione massonica. Al pari del delta il punto al vertice indica il principio agente, l’Uno, la sorgente atemporale dell’Emanazione da cui scaturisce il fiume del tempo. I due punti di base sintetizzano i due poli del molteplice, o dell’orizzonte temporale che cinge la nostra esistenza ordinaria: il tempo macrocosmico della Natura, il ciclico e ritmico respiro dell’universo, e il tempo microcosmico della Storia, regno della differenza in cui l’uomo libero incarna il proprio destino.
Lo sguardo di Giano abbraccia dunque una duplice e cruciale polarità: l’incessante dialettica, nel tempo, tra Natura e Storia, e lo stretto, ripido viatico iniziatico che in un Ordine superiore lega l’orizzonte temporale e la sorgente atemporale: la scala di Giacobbe, la via di Eraclito. Materia prima dell’iniziazione è il tempo, e la storia il crogiolo in cui depurarlo delle plumbee, gravose scorie della quotidianità. Il percorso che nei tre gradi della Massoneria azzurra ci vede morire profani, quindi nascere, morire e rinascere iniziati, che ci porta ad attraversare gli elementi, poi la quintessenza, e infine a rinascere sotto l’acacia, ricostituisce simbolicamente il legame sacro tra l’uomo e la natura, lo inizia alle sue cicliche leggi universali, al suo eterno ritorno temporale.
Il cominciamento della condizione iniziatica si situa dunque entro l’orizzonte dello sguardo di Giano: l’essere sulla soglia tra tempo della natura e tempo della storia. Al pari di Giano lo sguardo bicipite dell’aquila scozzese contrassegna la condizione di chi è realmente e con regalità asceso dalle maglie del tempo al vertice della piramide, ad abbeverarsi alla scaturigine atemporale, dove le dualità si dissolvono e tutto è Uno, coronamento d’un viatico che comporta il superamento dell’orizzonte temporale. La Massoneria azzurra introduce l’iniziato alle leggi universali, la Massoneria Scozzese alle loro incarnazioni storiche: alle manifestazioni temporali, e umane, della sorgente atemporale.
Massoneria azzurra e scozzese sono dunque complementari; tuttavia il mondo anglosassone riduce l’iniziazione a un «sistema morale» fondato sulle leggi di Natura, mentre nella Tradizione Scozzese l’iniziazione si rivela viatico sapienziale ed esperienziale, e non solo simbolico, che consente di liberarsi dal giogo temporale, di lambire in ispirito il centro immoto e silente, d’incarnare nel proprio destino una scintilla della sorgente atemporale: su questa scintilla si fonda lo stabilimento della Storia e la libertà dell’Uomo.
Compito arduo imparare a vedere il tempo e forgiare il proprio destino; improbo poi forgiare la storia. Perciò la piramide del Rito è polare: solo pochi, pochissimi possono attingere al fuoco apicale dell’Olimpo e prefigurare nuovi orizzonti all’uomo, ma agli altri Fratelli Scozzesi spetta l’impegnativo compito di custodire e irradiare la luce nella storia: Ordo ab Chao. Suggello della condizione iniziatica, lo sguardo di Giano è anche il solo, valido sestante temporale per chi è monco della preveggenza prometeica: i mutamenti epocali hanno lunga gestazione, come vuole Natura, e segni gravidi di futuro affiorano tra i torrentizî flutti della quotidianità e dai sedimenti del passato.

Tre i segni più vistosi che marcano lo smarrimento del senso del tempo, della natura e della storia. Il primo, invano additato da molti e di portata planetaria, è la lenta, ormai secolare e inesorabile avanzata del deserto interiore. Il sintomo più vistoso si manifesta nella svalutazione dei valori supremi. È noto il nome, nichilismo, ma non ancora la cura: perciò l’epidemia dilaga e straripa. Il cono d’ombra dell’annichilimento dell’invisibile si è oggi dilatato a comprendere persino il visibile: all’eclissi del sacro segue l’offuscamento della sua principesca epifania, la Natura. Non è la Natura a svanire, per quanto giaccia ridotta ormai a mera cosa, piegata a voleri e dettami della tecnica; a svanire è il senso della natura, l’immagine della natura nell’uomo.
E con la Natura vien meno anche il suo tempo ciclico, ch’è all’origine del senso della misura, d’ogni gesto consapevolmente ripetuto, d’ogni rito. Sulla periodica rinascita della Natura, fulcro d’una metafisica fondata su un tempo circolare, s’è imposto il tempo artificiale e rettilineo delle metropoli, incalzante, irreversibile. La città, non più corpo organico dell’anima sociale d’una comunità, è ormai solo luogo deputato alla produzione omogeneizzata e omogeneizzante, al consumo individuale delle merci, alla consumazione solitaria dell’esistenza. In questa cornice irredimibile la morte, non più passaggio e nemmeno compimento, è interruzione, accidens. Perciò il deserto s’avanza nell’uomo d’oggi.
Il rituale Rosa Croce tratteggia questa condizione dell’uomo moderno con efficacia: «Sento che la morte mi afferra e ho paura del nulla». Le due colonne cosmiche del mondo antico, il Sacro, o la sorgente atemporale, e la Natura, o il tempo ciclico, sono state sommerse dalla marea nichilista. E la Massoneria non è rimasta immune all’epidemia: con l’eclissi del sacro si allargano le crepe del suo fondamento iniziatico, e sembrerebbe al momento esaurita la carica propulsiva dei suoi ideali etici, in quanto assimilati come principî dalle istituzioni democratiche di tutto il pianeta. «La pietra cubica -ammonisce il rituale Rosa Croce- suda sangue e acqua per la trascuratezza dei Massoni».

Sull’onda lunga del nichilismo, che solca la nostra epoca da più d’un secolo, affiorano due segni recenti e vistosi: l’abbattimento del muro di Berlino e l’avvento delle reti telematiche. Le reti telematiche sanciscono la fine delle pietre di confine e della recinzione del suolo, e ripropongono una sfida della Storia a cui solo l’Inghilterra seppe dare risposta nel Seicento: compiere il decisivo passo dalla terraferma al libero mare, condurre un’esistenza marittima nelle vastità oceaniche, creare un’immagine marittima e perciò globale del mondo.
Grazie a questa precisa risposta storica, da cui nacquero Impero britannico e rivoluzione industriale, la Massoneria britannica trovò il proprio fondamento universale. Oggi che il mare è morto nell’immaginario dell’uomo, la sfida si sposta sulle reti telematiche, oceano di comunicazioni in cui si è già imposto un gergo marittimo: le reti si «navigano». È presto per parlarne, ma è lì che s’annidano i germogli del futuro, è lì che si preparano metamorfosi della coscienza umana.

L’abbattimento del muro sancisce la fine del duopolio Usa-Urss e del regime di terrore nucleare su cui si fondava, ma non la fine del dualismo di cui era espressione geopolitica: da allora una miriade di nuovi muri si è fragorosamente abbattuta sull’Occidente e l’intero pianeta. L’origine del fenomeno è nell’organizzazione della mente, negli schemi che l’immaginario plasma nella psiche dell’uomo moderno, in una regione profonda di cui è raro si abbia coscienza. Perciò il contagio si diffonde mediante la politica e l’ideologia, o la religione e la cultura, o ancor più semplicemente mediante una qualsiasi differenza.
Il duemila s’apre all’insegna della «mente tribale»: di fronte allo smisurato sapere elaborato dall’Occidente, che sgomenta e annichilisce il singolo, s’innesca un inevitabile processo psicologico di semplificazione del sistema di pensiero che riduce ogni sfumatura al bianco e nero. Eccezion fatta per le catastrofi, le civiltà muoiono di troppa complessità, coltivando nel proprio seno l’incipiente barbarie: il pensiero dualista segna l’alba d’una civiltà, e il suo tramonto.

Al trionfo della mente tribale, nutrita dell’annullamento della prospettiva temporale proprio della televisione, del perpetuo cicaleccio sul nulla che gorgogliando tracima dal tubo catodico, si deve l’ormai incalzante rimozione del tempo della Storia. Dapprima strisciante, la rimozione del cardine della civiltà occidentale ora procede con furia iconoclasta. Dopo le picconate del revisionismo, che senza pudore nega il sanguinoso mattatoio dell’Olocausto, nulla del passato recente e remoto resta indenne al furore della nuova barbarie.
L’alba del terzo millennio è dunque tutt’altro che rosea. Il deserto avanza. Contendere terra alla tormenta di sabbia, coltivare e custodire oasi è il nostro primo compito. Fosche nubi oscurano la sorgente atemporale, il tempo della Natura, il tempo della Storia. Restituire senso e valore ai tre poli fondanti la civiltà sarà contributo essenziale all’edificazione del futuro, e ritrovamento del senso primigenio dell’iniziazione: solo nel tempo e col tempo si conquista e redime il tempo. Con lo sguardo dell’aquila bicipite.


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